Mario Incudine e Domenico Modugno, un binomio che fa godere.

15 Ottobre 2024

Ad aprire la stagione 24/25 del Teatro Lo Spazio di Roma ci hanno pensato, il 3 e 4 ottobre, Mario Incudine e il suo affiatatissimo gruppo di musicisti con lo spettacolo “MIMÌ DA SUD A SUD sulle note di Domenico Modugno” , uno spettacolo di e con lo stesso Mario Incudine, diretto da Moni Ovadia e Giuseppe Cutino e i testi di Sabrina Petyx.

Domenico Modugno – ripetiamolo, il Mimì del titolo – è stato ed è tutt’ora icona della musica italiana e del mondo dello spettacolo tricolore in generale e la sua figura smuove ancora, come ad esempio dimostrato dalla fiction Rai di qualche anno fa interpretata da Beppe Fiorello, notevoli emozioni nel pubblico che, per la maggior parte, è composto da spettatori che possono dirsi fortunati di averlo visto all’opera dal vivo, considerato che la sua dipartita, in quella Lampedusa che – ironia della sorte, o forse no – è facente parte del territorio siciliano, è datata 6 agosto 1994

Ma perché stupirsi del fatto che il celeberrimo cantante dai natali pugliesi – Polignano a Mare è forse stata conosciuta prima per averlo visto nascere che per la sua strabiliante bellezza naturalistica – sia spirato in terra di Trinacria?

Beh, forse proprio perché lo spettacolo in oggetto, interpretato da Incudine – nato, cresciuto ed ancora residente in quel di Enna, piccolo capoluogo di provincia proprio al centro dell’isola – ha a che fare con la sicilianità artistica acquisita di un uomo che attraversò le sonorità sicule per sfondare il muro di un iniziale, ovvio, anonimato per poi riuscire ad assurgere al ruolo dell’affermatissimo Artista che è sempre stato e che ha meritato di essere per tutta la vita.

In questo spettacolo musicale tra la natura orale del racconto tipica dei cantastorie – natura intesa proprio nelle modalità energetiche e stilistiche afferenti alla fattispecie -, l’esecuzione live di numerosi pezzi che lo stesso Modugno ebbe ad eseguire nella lingua siciliana e quindi intimamente connessi alla cultura dell’isola e il carisma da incantatore di platee che Incudine possiede, si viaggia spediti, commossi e divertiti, in una storia di sacrificio e dedizione meridionale che impasta il percorso dell’esecutore strabiliante di “Nel blu, dipinto di Blu” con la scalata del protagonista “gialloverde” – riferimento ai colori della squadra calcistica della cittadina ennese di cui sopra – oggi sul palco a rinverdire le fortune proprie e dell’icona poc’anzi definita come tale.

In questa generosa riproposizione di Mimì, Incudine, grande talento vocale e performer più che buono, commuove e coinvolge grazie all’utilizzo di tempi recitativi ottimi, di una generosità rara e una capacità di ascolto dell’uditorio e gestione dello stesso di importantissima fattura.

L’ora e più di spettacolo – un più che prende forma in una mezz’ora abbondante comprensiva pure dei bis e dei graditissimi “strascichi” musicali tipici del furbo gigione quale Incudine sa essere – nella quale i fortunati astanti risultano, dunque, essere coinvolti, assume i contorni della festa musicale e recitativa e può, abbastanza chiaramente, essere pienamente goduta nel corso di una serata che mischia la gioia delle sette note con la stanchezza raccontata e vissuta nel solco del consolidato topos narrativo del sacrificio dell’emigrante. Emigrante che rappresenta, inoltre, la figura e la funzione stoica, dignitosa ed ammirevole, dell’uomo che guarda sempre oltre e la cui aneddotica saggia e pregnante risulta essere, oltre che foriera di preziosi insegnamenti, estremamente affascinante.

E in questo Incudine è perfetto esecutore di racconti densi eppure mai pesanti grazie anche ad una verve da guitto che sembra affondare le radici nei tempi di un “Teatro di relazione” che fu e che pare, oggi, del tutto sparito.

Per concludere l’intensa storia la drammaturgia si affida al racconto di una gioia, di una vittoria o, forse più precisamente, di quella che può è deve semplicemente essere definita “La Vittoria” e ossia quella del Festival di Sanremo del 1958 da parte dello stesso Modugno e che, come dice lo stesso Incudine, segna l’inizio della rivoluzione del pubblico o, meglio, della gente che riconobbe la bellezza e, dalla platea del Teatro ospitante la manifestazione canora più famosa d’Italia – il Teatro Ariston – non volle più rinunciarvi, permettendo a tutto il movimento musicale e artistico dell’epoca uno salto avanti verso il futuro che avrebbe provato a ripartire dal coraggio e dal talento del pugliese in questione per provare a regalare sogni sempre più “colorati”.

Tornando allo spettacolo in senso stretto, mirabile, come da consuetudine nei lavori dello stesso Incudine, il grande lavoro svolto dalle altre – i Maestri Antonio Vasta, Pino Ricosta e Manfredi Tumminiello – straordinarie pedine di questo mosaico che prende forma anche grazie ad una regia a 4 mani – vedasi sopra – brava a creare un andamento ondivago che modifichi in continuazione, tra un “settore” e l’altro, il ritmo, l’energia e financo le intenzioni, mantenendo comunque eleganza e coerenza.

Insomma una serata fortunata sotto ogni punto di vista e che ha gratificato occhi, orecchie, cuori e anime.

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