Diari d’amore che sanno di crisi.

27 Maggio 2024

È il microcosmo familiare, e in particolare il rapporto di coppia, lo spazio d’azione in cui Nanni Moretti ha scelto di operare per la sua prima regia teatrale, con “Diari d’amore”, spettacolo tratto da “Dialogo” e “Fragola e Panna”, due atti unici di Natalia Ginzburg, rispettivamente del 1970 e del 1966.

L’iconico regista cinematografico porta la sua estetica e il suo stile introspettivo a teatro, sul palcoscenico, ponendo il suo focus totalmente sul rapporto uomo/donna, moglie e marito, e sull’impossibilità di maturare un legame coniugale equilibrato e soddisfacente per entrambi. Emergono figure femminili complesse, confuse, impaurite, umorali, e allo stesso tempo coraggiose. Hanno la forza di denunciare cosa non va nella relazione, di sovvertire le regole, di scappare, ricominciare. Nonostante le loro frustrazioni, fragilità e sconfitte, Moretti tratteggia le donne e le identifica come le uniche eroine positive, mettendo in evidenza invece la figura di un uomo fallito, menefreghista, egoista, incapace di farsi carico delle proprie responsabilità. Ma ciò che colpisce di più è il ritratto di un microcosmo piccolo borghese, di una classe sociale del passato in cui si respira una soffocante infelicità, che in qualche modo ha lasciato tracce anche nella contemporaneità.

Moretti,fedelissimo ai testi della Ginzburg, porta in scena due “gabbie” dorate in cui poter spiare dinamiche relazionali e familiari completamente in crisi.

In “Dialogo” il sipario si apre su una camera da letto di un appartamento di Roma, su una conversazione in media res tra un marito e una moglie, al risveglio, al mattino, in un letto. A livello di azione non succede nulla, siamo spettatori di un botta e risposta, di parole che si rimpallano, delle battute di una coppia che parla del più e del meno, del quotidiano, della loro vita di coniugi con una figlia, degli amici, delle vacanze, dei propri lavori, fino alla confessione spiazzante di lei: un tradimento che potrebbe far sgretolare l’intera impalcatura familiare, eppure nulla cambierà. Così come in “Fragola e Panna”, (dove il ritmo è più concitato, grazie anche al susseguirsi di diversi personaggi), un altro microcosmo familiare borghese, in una villa fuori Roma, in cui l’apparente equilibrio viene alterato dall’arrivo di Barbara, una ragazza “randagia”, che si spaccia per la cugina di Cesare, un noto avvocato. La ragazza è in realtà la sua giovane amante, piombata in casa sua, da sua moglie( ormai divenuta come una sorella) in cerca di aiuto per essere fuggita dal marito che ha provato ad ucciderla dopo aver scoperto il tradimento. Cesare è a Londra per lavoro, ad accoglierla, in questa bucolica villa di campagna, in un bel salotto dai grandi divani verdi, c’è la “serva” Tosca ( una caratteristica Daria Deflorian che dona ironia e un pizzico di amara leggerezza, spiccando sulla scena) e dalla signora Flaminia, che si rifiuta di offrirle qualsiasi aiuto se non qualche soldo. La soluzione la offre la sorella di lei, che decide di portarla in un pensionato di suore. Quando rientra Cesare, ammette tutta la sua indifferenza nei confronti della povera ragazza, di cui ben presto si perdono le tracce. Anche in questo caso, il tradimento e il suo disvelamento non porta stravolgimenti. Tutto rimane com’è. Così, quelle che la Ginzburg ha definito commedie, sono in realtà dei drammi leggeri, delle piccole tragedie familiari, che denunciano la crisi della famiglia come concetto borghese, di quelle coppie che si preoccupano di mantenere la facciata, nascondendo crepe interiori. Moretti traspone questi “Diari di amore”, in cui di amore purtroppo c’è ne poco, inventando poco a livello registico, ponendo tutta la forza dello spettacolo nella recitazione degli interpreti e imponendo spesso nelle loro battute, nei loro monologhi, quell’andamento interiorizzante della parole tipico del suo cinema, del suo modo di farci entrare nella psicologia dei personaggi, nei loro conflitti interiori. Lasciandoli spesso in sospeso, proponendoci di fare uno sforzo in più per farci mettere nei loro panni e farci riflettere su determinate situazioni e contesti. Anche quando ci strappa un sorriso.

Una prima regia teatrale semplice, coerente, dove sicuramente il regista non ha cercato guizzi o espedienti spettacolari, ma a ha puntato tutto all’essenza dei temi e alla recitazione degli attori( gli incisivi Valerio Binasco, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi e Daria Deflorian), tratteggiando un teatro borghese moderno. Il diario di una crisi sospesa sull’orlo di un effimero e mendace equilibrio.

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