In scena presso il teatro Vittoria di Roma fino al prossimo 24 marzo, ‘Sette minuti’ racconta l’odissea di un gruppo di operaie che si trovano a dover scegliere tra lavoro e dignità. L’opera, che da anni è un successo sulle scene, porta la prestigiosa firma di Stefano Massini
‘Sette Minuti’ è una delle opere più conosciute di Stefano Massini, che nel corso degli ultimi anni, oltre alle numerose rappresentazioni a teatro, ha visto anche una riuscita trasposizione cinematografica.
Il copione affronta un argomento che raramente viene portato in scena, quale il mondo del lavoro, e lo fa scegliendo una delle minacce più angoscianti che accomunano una certa categoria di lavoratori, quella degli operai.
In quest’occasione, le persone che vedono messo a rischio il proprio posto di lavoro sono addirittura delle donne, sebbene saggiamente, nel testo, questo non rappresenti un ulteriore elemento di discriminazione.
La penosa storia raccontata in ‘Sette minuti’ è lo specchio di una realtà non comprensibile a tutti, ma che senza dubbio diventa motivo di sofferenza e ansia per chi invece ha avuto a che fare con quel modo di agire che troppo spesso calpesta la dignità dell’individuo.
È proprio questo il senso ultimo che emerge nel corso della messinscena: la difesa della dignità del singolo, e attraverso le battute che Massini ha scritto per gli undici personaggi di questo lavoro, la platea si rende conto di come un aspetto così fondamentale e nobile, come appunto la dignità, sia soggetto a prospettive soggettive che non possono non creare attriti all’interno delle collettività.
La forza di questo importante spettacolo, diretto con sobrietà e misura da Claudio Boccaccini, è tutta nell’eccezionale cast che riesce a rappresentare sul palco una strozzante circostanza, in tempo reale, nella quale tutto sembra estremamente vero anche nei suoi difetti.
Ognuna delle bravissime attrici dà vita a personaggi che sono verosimili e riconoscibili e che, allo stesso tempo, non sono esenti da comportamenti che cadono in luoghi comuni e in esagerazioni che in realtà riguardano chiunque si senta con l’acqua alla gola.
Il lavoro è solido e costruito benissimo e permette di sviluppare numerosi spunti di riflessione che il pubblico non esita ad analizzare a voce alta non appena il sipario si chiude.
Gabriele Amoroso