Passatempi borghesi. Da Pinter a Sinisi.

4 Febbraio 2023

Quando Michele Sinisi entra in scena con una grande maschera da cervo, al pubblico era ormai chiaro che le sue corna avessero ben poco di metaforico. Nella sua regia di Tradimenti, dal drammaturgo inglese Harold Pinter, Sinisi interpreta infatti Robert, marito di Emma (Stefania Medri) e amico di Jerry (Stefano Braschi): l’intreccio ruota intorno ai reciproci tradimenti intessuti da questo triangolo di individui, ripercorsi a ritroso dalla fine degli anni Settanta.

La relazione tra i personaggi si svolge lungo una trama fittissima, ordita da discorsi sospesi tra quanto viene detto e quanto viene omesso. Alla parola si riconosce dunque una centralità assoluta, e proprio addentrandosi in essa se ne rivelano le possibilità mistificatrici. Così, con grande e convincente intenzione gli interpreti di questi Tradimenti la dipanano e l’aggrovigliano in dialoghi nevrotici, tesi come una corda di violino. L’abuso, la bugia e l’infedeltà si riducono a chiacchiera, a pretesto per piccoli passatempi borghesi, trascorsi come fossero una noiosa partita a squash. In modi diversi, ciascuno declina la propria esperienza di tradito e traditore ricorrendo comunque a un’asciuttezza affilata e cinica: Sinisi, marito e amico irriverente, a tratti brutale; Braschi, nei panni dell’altro, più incerto, più incline a qualche remora di natura etica; Medri, moglie che lascia esplodere la propria femminile, costretta sensualità in una danza magnetica e lunghissima.

Sul palco, i personaggi vivono momenti di vita quotidiana, troppo quotidiana in una società liquida come quella odiernala loro e la nostra. Robert, Jerry ed Emma hanno il controllo dell’allestimento, e intervengono sulle luci e sulla stessa integrità del dispositivo luminoso posto a supporto delle scene di Federico Biancalani. I pochi oggetti adottati, quasi umoristici, delineano una serie di quadri nei quali il vissuto dei protagonisti viene impietosamente, cinicamente ritratto o soltanto evocato. L’albergo veneziano dove marito e moglie trascorrono uno squallido soggiorno, l’appartamento dove i due amanti consumano la loro relazione clandestina, il ristorante in cui i due amici – o presunti tali – si ritrovano per la colazione, delineano un universo di luoghi tutto sommato anonimi in cui altrettanto anonime sono le vicende che vi si consumano.

È paradossale come la rappresentazione dell’infedeltà, in questo lavoro di Sinisi, finisca per risolversi in una forma di fedeltà: al testo, anzitutto, e dunque all’urgenza di restituire quanto di più umano possa esservi nella disumanità spesso latente all’interno dei rapporti sociali. Attraverso Pinter, Sinisi sembra porci davanti a questa scomoda verità, e l’effetto è strano. Conturbante, addirittura.

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