Ute Lemper e il suo talento oltre ogni tempo

31 Luglio 2024

di Emiliano Metalli

Torna ancora a Roma – e siamo tutti grati ai Concerti nel Parco per questo e per molto altro – lo straordinario talento di una performer internazionale: Ute Lemper.

Chi non ha goduto del privilegio di ascoltarla e vederla dal vivo non riuscirà purtroppo a comprenderlo e apprezzarlo appieno attraverso nessun “video rubato”, né dalle parole che da anni si scrivono per lei e su di lei.

Ute Lemper incarna la melodia, respira con l’armonia, traccia le pause attorno a sé con un gesto minimo del polso, con l’alzarsi di un sopracciglio. Ute Lemper scarnifica le parole dei poeti e le restituisce rianimate di un soffio vitale che prende vita dalla tradizione e tuttavia si slancia in avanti verso il futuro.

Ecco perché mai titolo poteva essere più adatto a questo suo progetto: Time traveler. E lei – diva divina, superba dea, novella Marlene e, a seguire, tutti gli epiteti di una mitologia vivente che non bastano a definirla in ogni dettaglio – è la prima a prendere il suo viaggio nel tempo come una immensa responsabilità e, insieme, con levissima leggerezza.

Lo fa anche grazie a un trio di musicisti dall’incredibile sensibilità e dalla musicalità ineccepibile: Vana Gierig al pianoforte, Giuseppe Bassi al contrabbasso e un sorridente Mimmo Campanale alla batteria. Sonorità perfette dall’esplosione ilare al contegno silenzioso, un’orchestra racchiusa in una triade olimpica.

Apre il programma una canzone yiddish, sostegno alla pace, commenta lei stessa alla fine del brano. E seguita ad alternare parole e musica, racconti e canzoni che vanno dalla irriverente “All that jazz” – lei splendida interprete del revival di Chicago negli anni ’90 da un lato all’altro dell’Oceano atlantico – fino agli chansonniers francesi conosciuti – dice – mentre giovanissima vestiva i panni di Sally Bowles sotto la direzione di Jérôme Savary. Giovane che tutta Parigi acclamava come la nuova Dietrich. Ecco l’occasione per raccontare una spassosa telefonata (vera o verosimile, che importa?!) con la diva, mentre ne reinventa la silouhette attraverso le canzoni più note, giocando come solo i grandi sanno fare con l’improvvisazione e i molteplici registri vocali. Cita i suoi fraseggi – la s sottile alla fine delle parole, il vezzo di increspare le labbra – e a volte il sussurro della melodia, i vizi e le virtù di una voce indimenticabile, come la sua, senza mai cadere nella sterile imitazione.

E sulla scia di una figura femminile gigante come Marlene, che ha fatto della sua vita un emblema della libertà e, per certi versi, della rivoluzione, anche Ute Lemper racconta la sua indipendenza e mette così l’accento sulla necessità per tutte e tutti di autodeterminare la propria esistenza. Non ha bisogno di gridarlo, lo canta.

Così, ecco, appare Kurt Weil, altro grande pilastro della carriera di Ute Lemper. Un compositore ebreo fuggito dalla Germania nazista, un artista la cui rilevanza storica la impegna inderogabilmente a riconsegnare alle generazioni future una fondamentale testimonianza: la lotta ai totalitarismi. Non manca anche qui un doppio registro interpretativo, caratteristica di tutta la serata: da un lato l’approccio introspettivo e, quasi, filosofico – “La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado” – della “Salomon-Song”, dall’altro la libertà e il dinamismo jazz di “Mackie Messer” che poi è traslato in “Mack the Knife”.

Il plurilinguismo, infatti, attraversa la vita intera di Ute Lemper: tedesco, inglese, francese, spagnolo… lingue che segnano una varietà di incontri. Da “The Wall – Live in Berlin” del 21 luglio 1990, il concerto organizzato da Roger Waters in Potsdamer Platz per il primo anniversario della caduta del muro di Berlino al doppiaggio tedesco di Ariel ne “La sirenetta” e di Esmeralda ne “Il gobbo di Notre Dame”, dal musical – Laurence Olivier Award e Premio Molière – al cinema con Altman e Greenaway, dalla canzone d’autore – Scott Walker, Nick Cave, Elvis Costello, Philip Glass – a Sanremo. Una ricchezza culturale e umana che la conduce a valorizzare in ogni brano il giusto accento, la caratteristica inaspettata: una r più liquida, le vocali sfumate…

Le improvvisazioni di scat sono la sua linfa, così come la famiglia le sue radici. E fra i racconti uno spicca più di altri: quello della madre e della figlia, emblema di un tempo che passa, ma che in fondo resta eternamente presente. Una presenza di cui è opportuno, oltreché bello e importante, essere testimoni consapevoli.

I CONCERTI NEL PARCO

ESTATE 2024

Parco di Casa Del Jazz

29 luglio 2024

ore 21.00

TIME TRAVELER

Un viaggio attraverso 40 anni di successi

UTE LEMPER

Ute Lemper voce

Vana Gierig pianoforte

Giuseppe Bassi contrabbasso

Mimmo Campanale batteria

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