Robin Williams e quel decennio di assenza presente.

13 Agosto 2024

“Pensavo a quello che mi hai detto l’altro giorno riguardo al mio dipinto. Sono stato sveglio tutta la notte a pensarci. Poi però ho capito una cosa e da allora sono caduto in un sonno profondo e non ho più pensato a te. Sai cosa ho capito?”

Se cercate questa porzione di monologo su Google, digitando sulla barra di ricerca le parole “Monologo Panchina Will Hunting” è probabile che il testo nel quale vi imbatterete sarà leggermente diverso da quello che vi ho proposto; magari qualche parola differente o una piccola frase prima di un’altra e il motivo è presto detto: sono andato a memoria.

Sono andato a memoria perché questo monologo recitato da Robin Williams e doppiato in italiano da Carlo Valli è il monologo di uno dei miei film preferiti in assoluto – Will Hunting – Genio Ribelle, per l’appunto – e perché l’attore che lo interpreta è uno di quelli che ti sembra di conoscere nonostante sia nato e cresciuto a milioni di km da te.

Io a Robin Williams ho voluto bene e voglio bene e posso affermare con relativa tranquillità che ha fatto parte della mia vita.
E non potete capire che onore e che gioia – immeritato il primo e pura/cristallina la seconda – quando in alcune circostanze relative al mio sforzo di costruire la mia carriera attoriale mi è stato detto “ma lo sai a chi somigli? A Robin Williams”.

Sarà forse per un giro vita non sempre tirato al massimo da parte di nessuno dei due o per una barba che disegna un volto tondo con quelle guance a volte protese in un sorriso e altre perse in un accenno di malinconia, ma mi sono sempre preso queste parole con una felicità venata di quella tristezza che ha sempre caratterizzato la maschera di uno degli attori più talentuosi che io ricordi.

Sto scrivendo quest’articolo cercando di consultare il meno possibile il motore di ricerca che tutti conosciamo, perché, venuto a conoscenza del fatto che l’altro ieri – l’11 Agosto – ricorreva il decimo anniversario del giorno in cui questo essere umano – che a me è sempre puzzato di meraviglia – si è tolto la vita, ho deciso di provare ad onorarlo prevalentemente con quel cuore che credo lui ci abbia regalato per tutta quanta la sua carriera piuttosto che con la fredda ragione che potrebbe provare a ripercorrerne con estrema precisione film, spettacoli, aneddoti ed eventi personali.

Io ho amato Robin Williams come se fosse l’amico al quale guardare costantemente fiducioso, certo che fino a quando c’è lui hai sempre qualcuno che proverà a proteggerti anche nelle peggiori avversità e oltre e l’ho amato per tutti quei regali che grazie al suo talento straripante mi e ci ha concesso, contribuendo alla mia e alla nostra formazione.

“L’uomo Bicentenario”, da Asimov, ad esempio, è uno di quei film che magari non è nelle liste dei più amati dai cinefili di tutto il mondo, ma è uno di quelli che io ricordo con l’insopprimibile struggenza – non esiste la parola “struggenza” nella lingua italiana, ma io nutro l’irresistibile desiderio di inventarla e utilizzarla adesso – di uno di quei Natali da adolescente quando la famiglia nella quale sei nato ti sembra ancora il posto più sicuro del mondo – oltre che il migliore – e tu vieni travolto da una storia surreale, fantascientifica – beh, d’altronde abbiamo detto che è Asimov, no? -, lunga e fluidissima che ti scalda il cuore come difficilmente era successo fino a quel momento e come difficilmente sarebbe ri-successo poi.

E poi “Patch Adams”, santissima volta celeste benedetta, e il lavoro straordinario e meraviglioso che quest’uomo ha fatto al servizio di una vita – questa volta una vita vera, della stessa persona il cui nome ha dato il titolo al film in questione – altrettanto straordinaria e meravigliosa.

E poi “Mrs Doubtfire” e le lacrime tra le risate e le risate tra le lacrime di una sceneggiatura che ci mostrava il dolore di una disgregazione familiare e ci spiegava, forse una delle prime volte per Hollywood, l’amore di un uomo, di un padre, per i suoi 3 figli.

E “Good Morning Vietnam” e “Hook – Capitan Uncino” con Dustin Hoffman, in una sorta di sequel della storia del bimbo mai cresciuto Peter Pan, diretto da quel genio senza confini di Steven Spielberg.

E ancora “L’uomo dell’anno” e il film che mi vergogno di non aver visto ancora come Dio comanda che porta un titolo indimenticabile come solo “L’Attimo Fuggente” può essere.

Signore e Signori, io Google non l’ho consultato, ma sappiate che ho voluto inchinarmi e mostrare il mio più sincero sentimento di affezione verso qualcuno che la mia vita l’ha resa decisamente migliore.

Grazie, Robin.
Grazie, amico mio.

Per me tu sei ancora qui con me.
Con noi.

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