LA SEMINA ROSSA. I draghi di House of the Dragon ruggirono all’uniscono al cielo come uno solo e il mondo tremò

31 Luglio 2024

Ne dobbiamo parlare obbligatoriamente, poiché il settimo episodio della seconda stagione di House of The Dragon è la sintesi perfetta di tutto ciò che Martin ha creato nell’universo di Westeros.

C’è tutto ciò che ogni fan desidera vedere e si aspetta da questa serie: intrighi, machiavellici complotti, draghi che volteggiano e sputano fuoco, morti violente, azioni premonitrici, dialoghi di raffinato sottotesto e l’immaginifica potenza di uno scenario che evoca il potere del mito.

Dopo aver posizionato con cura i pezzi sulla scacchiera di una sceneggiatura che ci è apparsa prevedibile e lenta nel 5 e nel 6 episodio, lo scontro tra neri e verdi entra nel vivo e gli sceneggiatori tirano con convinzione i fili di trame e sottotrame che sembravano essere spezzate e senza speranza alcuna di essere riavvolte.

Tre scene in particolare ci ricordano perché amiamo gli sforzi creativi di Martin. La prima è la disputa tra Oscar Tully (Archie Barnes) e Daemon Targaryen. Oscar è il lord bambino di Delta delle Acque che dimostra con dialettica e carisma quanto l’età non sia mai direttamente proporzionale al carisma e alla saggezza. In questo il parallelismo stilistico ci riporta alla tostissima Lyanna Mormont, la lady bambina che ci incantò in GOT. Capacità di scrittura 10. La seconda. Uno sfigurato e storpio Aegon Targaryen compie esercizi di riabilitazione deambulando nelle sue stanze tra atroci sofferenze. Larys Strong vuole fortemente che il re si rimetta. Ha un piano o forse semplicemente empatizza con Aegon per questa sua nuova condizione di disabilità dalla quale anche lui è affetto. Ma il punto di caduta al quale alludo è un altro. E’ la simmetria di allusioni che narrativamente stanno costruendo. Immaginare che i due ultimi e legittimi re, legati dal sangue, il padre (Viserys) e il figlio (Aegon) possano portare la stessa maschera in metallo per coprire il viso, l’uno mangiato dalla malattia, l’altro dal fuoco di Vhagar è magia. La terza. Rhaenyra che si staglia con i nuovi cavalieri bastardi a cavallo di Syrax, Vermithor e Silverwing che ruggiscono all’unisono è una sequenza da brivido.

C’è da aggiungere una CGI di livello epocale per una serie televisiva. Mai si erano visti draghi così belli, così omogeni al contesto. Ed interessante è come si arrivi al rovesciamento  di un principio. Avevamo da sempre assimilato che  un cavaliere cerca un drago nel speranza di poterlo cavalcare ed esserne degno e che ciò avveniva per linea sanguigna. In questo caso questa legge che governa il mondo di Westeros si rovescia. Il drago sceglie il cavaliere. Ovvero Hugh Hammer, il Fabbro di Approdo del Re viene scelto da Vermithor, Ulf White da Silverwing e Addam Hull come avevamo visto sul finale del sesto episodio cavalca Seasmoke.

 “La semina rossa”è l’anticipazione di un finale di stagione che mi auguro sia col botto. Rhaenryra trova forza dalle sue scelte, mentre su un piano parallelo Alicent si disgrega interiormente colpevole di aver condotto nelle fauci di una guerra, per colpa di un malinteso, l’intero regno. Tuttavia protagonisti assoluti saranno i draghi creature simili a divinità che dispenseranno fuoco e sangue.

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